Sarebbe meglio dire mixtape, o ancora meglio cassettine compilate a mano, ma in formato mp3. Vade retro Spotify e algoritmi intelligenti. La realizzazione di una compilation è un'arte sottile. Ci sono tante regole. Innanzitutto devi renderti conto che stai usando la poetica di qualcun altro per esprimere come ti senti. È una cosa delicata. Alta Fedeltà l'avete visto tutti, no? Ecco.
Vessels, Grizzly Bear, Lali Puna, Com Truise e Joahnn Sebastian Punk: cinque pezzi che l'algoritmo probabilmente non vi suggerirebbe, e invece potrebbero essere la colonna sonora della migliore mezz'ora della vostra giornata.
Una pillola anticomiziale a base di Algiers, per quando vorresti fare la rivoluzione ma il culo ti pesa troppo e non riesci a staccarti dalla sedia, e allora la fai col culo degli altri.
Uno psicotico antidepressivo a base di Flaming Lips, per attenuare lo shock da rientro nel confronto con la vita quotidiana, perché se la realtà è quella che è allora è tempo di farsi un viaggio.
Lasciare mai, quest'anno si raddoppia: ecco le 60 canzoni che ci son piaciute di più (a Spineless) nel 2016, in un podcast mixato: quattro ore ininterrotte di musica che vi faranno superare indenni anche il solito Capodanno.
Un sedativo a base di Hope Sandoval, per riequilibrare l'impatto di qualunque onda sulle nostre giornate e trovare il volume giusto per compensarne la risacca.
Un ipnotico a base di Adrian Nicholas Matthews Thaws, per imparare a sfangarsela giorno per giorno, un giorno alla volta, senza guardare troppo avanti, che oggi è già abbastanza.
E qui invece per quest'anno ci fermiamo a trenta: le 30 canzoni che ci son piaciute di più (a Spineless) nel 2015, in un podcast mixato: due ore ininterrotte di musica che in un mondo ideale dovrebbe andare in rotazione fissa su Radio 1.
Un'oppioide a base di Vessels, per quando scavare sul fondo del barile e infilare la testa sotto la sabbia e far finta di niente è l'unica soluzione praticabile.
Un antipsicotico a base di Gengahr, per superare le indecisioni di una stagione lunatica come la vita e trattenere il fiato in attesa di un meteo se non proprio più indulgente, almeno più prevedibile.
Una pillola ipnotica a base di Alt‑J, per quando vi renderete conto che state svanendo lentamente ed è già troppo tardi. Per rallentare il processo, o renderlo più sostenibile, almeno.
Un anestetico a base di Faint, per rimpiagere sul latte versato e tentare un'operazione last minute di rimozione totale del dolore, senza nessuna garanzia di riuscita dell'intervento.
Un anestetico a base di Shearwater, per trasformare ogni addio in un arrivederci, ogni falsa speranza in un appuntamento da non perdere, ogni mezza verità in un giuramento di sangue.
Un antipsicotico a base di Neon Lights, per combattere la comune credenza che divertirsi sia obbligatorio e che musica e ballo vadano per forza a braccetto. Su, non scherziamo.
Un oppioide a base di Flunk, per quando la calda, appiccicosa, umidissima afa estiva ti lascia privo di sensi e arrivare al tramonto pare un'immobile utopia polare.
Un anal-gesico a base di Munk e Peaches, per una nuova terapia del dolore che coinvolgerà principalmente, vostro malgrado, il delicato, innocente fondoschiena.
Un viaggio ad accesso casuale nell'universo Daft Punk, attraverso collaborazioni, remix e cover. Un successo annunciato, anzi no. Chiedete a quel tizio del Melody Maker.
Un antidepressivo a base di Daughter, per quando la neve si fa sabbia o viceversa e tutto quello di cui hai bisogno è una voce che ti dica che anche se niente va bene, va bene lo stesso.
Gli 883 e la nuova compilation Con Due Deca: ovvero l'arte di sedersi lungo il fiume e saper aspettare che passi il proprio successo quasi postumo, in Paese dove, prima o poi, si rivaluta tutto.
Sessanta playlist, una al mese, andate perse nell'etere come lacrime nella fibra ottica, direbbe il poeta cyberpunk. Mixtape virtuali di quei bei i tempi in cui internet uccideva il copyright.