Criceti

Criceti

Ma dove corre tutta questa gente che corre in questo mondo imbecille che ogni giorno ci tocca di correrci dentro? E soprattutto, poi ci arriva? Io c'ho forti dubbi al riguardo.

22 Febbraio 2007

Ieri a un certo punto mi son fermato. Mi son fermato proprio nel mezzo di questo mondo imbecille, figlio della moderna società filocapitalista e della rivoluzione del carbone del diciassettesimo secolo, direbbe Max Weber.

Che in quel preciso momento, ieri, per me in quel momento il mondo era costituito da un marciapiede: sarà per quello che mi pareva ancora più imbecille, questo mondo imbecille. E allora mi son fermato proprio nel mezzo del marciapiede: che son un tipo coerente, io, quando mi ci metto.

Insomma stavo lì fermo immobile che mi ero messo in testa di diventar un sistema inerziale per poter meglio valutare la velocità relativa di questo mondo imbecille che mi girava intorno.

Ora, al primo che mi dice che essendo io attaccato alla superficie della Terra che a sua volta ruota su se stessa e poi intorno al Sole e chissà dove altro ruota ancora, conseguentemente non sarei mai potuto diventare un sistema del tutto inerziale. Ecco, al primo che si azzarda a dire una cosa del genere ci chiudo la bocca con il nastro adesivo quello da carrozzieri e gli faccio ripassare tutta la buona vecchia teoria pre-copernicana finché non si convince che la Terra è piatta e a un certo punto finisce.

A quello che invece mi dice che per diventare un sistema inerziale avrei anche semplicemente potuto inziare a muovermi a velocità costante non ci rispondo nemmeno. Che "semplicemente" una sega, caro utente saputello: vorrei veder te, se ti riesce, di muoverti sempre ma proprio sempre a velocità costante.

Dicevo, ero lì fermo tutto perfettamente inerziale come non mai. Ma così fermo e inerziale che mi son reso conto di una cosa che mi pareva di essermene reso conto anche in altri momenti, di quella cosa lì, ma il problema era che in quei momenti mica ero fermo immobile come ieri e allora me ne rendevo conto peggio e dicevo mah, magari mi sono sbagliato. E invece.

Run, baby run

Giuro, se ti fermi un attimo, caro utente sempre in movimento, fa impressione vedere come oggi tutti corrono corrono corrono, fa impressione vedere quanto corrono corrono corrono. Che ti chiedi, ma dove vanno? E soprattutto: ma poi c'arrivano?

Perché, esser onesti, a vederli così da fermo, sembrano proprio dei matti che corrono corrono corrono, ma poi non finiscono mica da nessuna parte.

Dice mio nonno che una volta era tutto diverso, che anni fa tutta questa gente che corre se ne stava beata a casa davanti al caminetto a raccontarsi le storie. Oggi invece, se proprio si vuol raccontar loro qualcosa, tocca rincorrerli, a tutta questa gente che corre. Ammesso che abbiano voglia di ascoltarti.

Che poi ce l'ho detta, a mio nonno, questa cosa qui che oggi bisogna rincorrerli, caricarsi in spalla il caminetto, la poltrona e il sacco con le storie dentro e rincorrerli bisogna. Lui m'ha risposto: «Eh», che quando mio nonno dice "eh" così all'improvviso vuol dire che è iniziato il telegiornale e che la sua attenzione — almeno per mezz'ora — è irrecuperabile. Vabbè.

Che a me, da fermo che ero, mi veniva quasi da prendere e rincorrerli davvero, che mi spiegassero questa cosa qui che si deve correre per forza non si sa bene dove che io da solo non mi riesce di spiegarmela questa facceda. Mi veniva quasi da prenderne uno per un braccio e chiedergli ma come fai, caro utente maratoneta, a correre qua e là senza guardarti intorno, tutto perso nel tuo bluetooth che ti collega l'orecchio al cuore o a quello che ne è rimasto? Come fai a non fermarti un attimo a prendere fiato e a sbirciare un secondo questo mondo imbecille che ti circonda, te che ci corri dentro e nemmeno te ne rendi conto che lui ti circonda?

Che ieri era una di quelle mattine con il freddo e il limpido che fa vedere i colori, il bianco della chiesa, il nero della strada, il largo del cielo, lo stretto della via (che son colori anche quelli, come certamente sa chi ha letto il manuale di Tetris Come mischiare le tonalità dei rapporti spaziali, a cura dell'esimio prof. Alexey Pixelji, titolare della cattedra sala giochi dell'università statale di Belgorod). Una di quelle mattine che questo mondo imbecille sembrava un posto meraviglioso. Che avrebbe sorriso anche Kierkegaard, credo. E invece.

Una tristezza e un po' di facce

Allora mi è presa una tristezza, ma una tristezza. Che mi sono avviato verso casa piano piano, perdendo in un colpo solo tutta l'inerzialità che mi ero faticosamente messo addosso. Son arrivato che dovevo avere una faccia, ma una faccia.

Sì, che mi ha aperto Polly e dovevo averci una faccia di quelle facce tristi tristi con scritto sopra "Ma dove corrono tutti al giorno d'oggi? E soprattutto, ci arrivano?" — dovevo averci quella faccia lì, sì, visto che non ho detto una parola ma Polly mi ha risposto lo stesso. Che i casi son due: o mi legge nel pensiero, Polly, o dovevo averci quella faccia lì.

La vita è sempre più fantasiosa di come ce la immaginiamo.

Così ha detto, Polly. Che è una frase che sembra non c'incastri niente con il discorso che faceva la mia faccia lì sulla soglia.

Cosa, questa, che si deve esser vista dalla mia faccia. Che io son uno che parla poco ma che mi sa che ogni tanto faccio le facce. E allora ieri dopo la faccia del "Ma dove corrono e soprattutto ci arrivano?" devo aver fatto, inconsapevolmente, una faccia tipo "Bella frase ma che c'entra?" — che Polly si è messa a ridere e si è sentita in dovere di argomentare.

Allora ha preso un bel respiro e ha detto le robe tutte d'un fiato.

Non ve l'ho mica detto che Polly quando dice le cose importanti le dice così tutte d'un fiato con le parola una dietro l'altra senza punteggiatura che ancora non ho capito se è un gioco che fa lei o se invece dipende dal fatto che quasi si vergogna delle cose belle che dice.

Insomma ha detto che sì, corrono perché in qualche modo percepiscono che se si fermassero poi capirebbero questa cosa che la vita è fantasiosa e non saprebbero come gestirla, e allora preferiscono correre per non correre il rischio di pensarla, questa cosa qua della vita, e tenere la mente occupata a fare attenzione dove mettono i piedi. Che quando si corre convien guardarsi le scarpe, che all'aumentare della velocità, inciampare e battere i denti per terra poi si sente più male: lo dice anche il teorema della quantità di moto.

È lì che ho fatto la faccia di quello che ha capito.

La faccia di quello che gli è passata la tristezza invece quella non mi è riuscita di farla, perché ho pensato a tutta quella gente che corre, che anche per loro a un certo punto arriva la sera. Che magari ci arrivano correndo, a sera, ma ci arrivano anche loro e certo non ci arrivano prima, anche se han corso. E anche la loro sera magari sarà non più tempo di affari ma di bilanci.

E mi son chiesto che risultato trovano, loro che non ce l'hanno mica Polly la sera a casa che gli spiega queste cose sulla vita di corsa.

Che se quando fai le foto alla vita in movimento ti obblighi ad abbassare drasticamente il tempo di esposizione, perché hai paura che ti vengano mosse, allora vuol dire che stai iniziando a fingere che non hai più tempo per viverla, la vita.

E allora hai voglia a correre, ma non non è più vita. È solo una sua imitazione poco pretenziosa. Mal riuscita.

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