Nuoce gravemente alla salute

Nuoce gravemente alla salute

Una lezione di vita (o quantomeno su come allungarsi la vita) da parte di Cerini giù al bar. Fiammiferi contro accendini, bestemmie senza morale e tutta l'inutilità di un'attesa.

8 Settembre 2008

Mi diceva Cerini, l'altro giorno giù al bar, che lui una volta conosceva uno che pur di non comprarsi un accendino si accendeva le sigarette al sole: si metteva lì seduto sotto lo zenit di metà giornata e aspettava.

Cerini è uno che non fuma, però gli piace: uno che ti accendi una sigaretta e poi gli chiedi «Ti dà fastidio?», lui ti risponde:

  • No, no… fai pure, sono un fumatore passivo molto accanito.

Insomma mi raccontava tutta questa storia, Cerini, per passare il tempo. Per passare il tempo mentre io bestemmiavo tutti i santi del paradiso, la sacra famiglia dipinta a olio, qualche politico e pure i Baustelle.

  • E funzionava?

Chiedevo affannato fra un'imprecazione e l'altra.

  • Non lo so. Però era tutto abbronzato.

Quegli accendini che vendono ora

Tutto abbronzato. Scuotevo la testa, che tentare di metter su una conversazione sensata con Cerini è già difficile in condizioni normali, figurarsi se nel frattempo stai pure tentando di accenderti una sigaretta con quella diavoleria moderna di accendini che vendono ora.

Tentando invano, intendo. Che con quei maledetti accendini lì, figli del progresso degenerato e della rivoluzione borghese del diciottesimo secolo direbbe Max Weber, non è mica possibile fumarsi una sigaretta senza perder la pazienza, noi poveretti che non s'è studiato.

  • Son gli accendini sicuri della Comunità Europea, quelli a prova di bambino.

Mi ha spiegato poi Cerini interrompendo il suo racconto così all'improvviso, come fosse una reclàme.

  • Preferivo i falò di sterpi della Comunità Montana.

Ci ho risposto io giusto un attimo prima di augurare una pessima sorte alla madre di qualcuno che sta molto in alto.

Accendini sicuri a prova di bambino, mi son ripetuto poi mentalmente mentre pensavo che i bambini di oggi, che a cinque anni c'hanno il cellulare, a sei l'ADSL e a sette crackano i siti porno tramite una connessione wireless comodamente seduti sul divano mentre si fumano un'havana, i bambini di oggi ci metterebbero un secondo a imparare usarli, questi accendini del diavolo.

Siam noi vecchi che siam mica capaci, pensavo, tra una madonna e l'altra con una vescica che pian piano si andava formando sulle dita.

Questo tizio

Cerini allora si è messo comodo, si è fatto portare una pinta di Fernèt, visto che le cose sembravano andare per le lunghe, e ha ricominciato, aggiungengo qualche particolare.

Questo tizio insomma, che ora lui non si ricordava come si chiamava, ma un giorno nell'87 ci fecero pure un articolo sul giornale, questo tizio si metteva lì seduto al sole e, con tutta la pazienza si questo mondo, inspirava fortissimo dalle Nazionali senza filtro. Se non succedeva niente, aspettava ancora un po' e poi inspirava più forte di prima.

  • E quando pioveva?
  • Masticava tabacco

I fiammiferi

Sembrava di parlare con un personaggio di Beckett, e allora io mi son lasciato andare alla nostalgia, ripensando a quando le sigarette uno se le accendeva con i fiammiferi. I fiammiferi che al momento giusto fanno quel rumore bellissimo, quella specie di crepitìo strozzato come di qualcuno che vorrebbe prender fuoco per intero ma non ne ha il coraggio, e allora resta in disparte a guardare il pezzo di sé che brucia, chiudendo ogni tanto gli occhi perché lo spettacolo è troppo intenso. I fiammiferi che c'era un movimento ben preciso da fare per accenderli, strusciare la capocchia con la giusta inclinazione, un movimento che quelli veramente fighi lo facevan con una mano sola (io no).

I fiammiferi che poi, non si sa come, forse un'imposizione delle multinazionali del gas, forse la moda, forse una mareggiata a Praga, fatto sta che sono spariti: è arrivato il riflusso e li hanno aboliti, o comunque son diventati merce rara e il mondo (ebbene sì, incredibile a dirsi ma lo ha fatto senza protestare) si è diviso tra gli Zippo — accendini sfacciatamente lucidi da maggioranza destroide abbinabili con le Timberland — e i Bic — piccoli aggeggi colorati e vivaci, figli non troppo legittimi di un'azienda che è diventata ricca, oltre che con gli accendini, con un traffico sospetto di penne a sfera e lamette da barba: tre cose che nessuno ha mai capito cosa c'incastrassero tra loro.

  • È che eran tutta roba usa e getta.

Si è intromesso allora Cerini, interrompendo tutto il mio flusso di stream of consciousness e facendomi realizzare così, senza preavviso, che in realtà stavo sognando non solo a occhi aperti, ma anche a voce alta.

  • Vuoi dire che c'era un piano dietro? Insegnare ai consumatori inconsapevoli a non affezionarsi a quella cosa meravigliosa che sono gli oggetti? Una macchinazione premeditata per disabituare la gente ai ricordi?

Ho chiesto allora, sinceramente ammirato dall'intuizione e dimenticando per un attimo chi veniva dopo San Giacinto nel rosario del porco di qui e porco di là.

  • No. Voglio dire che costavan meno.

Bei tempi, altri tempi

Appunto. Accidenti alla politica del capitale, mi son detto prima di tornare, visibilmente deluso, con la mente ai tempi d'oro di quando gli accendini erano normali e per farli funzionare bastava girare quella rotellina adorabile che c'aveva pure le scanalature zigrinate per una presa migliore. Non come ora — maledetto l'esaurimento delle miniere di carbone — che la rotellina, nel nome di una discutibile sicurezza infantile, l'hanno trasformata in un prisma a base esagonale con gli spigoli arrotondati che, a meno non tu abbia le mani di carta vetrata, non c'è verso di farci uscire un filo di fumo.

Bei tempi pensavo, bei tempi. Che la scusa dell'accendino era anche il modo più semplice, più classico e scolastico con cui approcciare le ragazze: avvicinarsi con gli occhi furbi, una mano a giocherellare con la sigaretta e l'altra in tasca e chiedere:

  • Scusa, hai da accendere?

Ecco. Altri tempi pensavo, altri tempi. Che al giorno d'oggi, colpa di questi stupidi macchinari comunitari, l'unica cosa che puoi fare, con le ragazze, è avvicinarti, con le tasche vuote, gli occhi imbarazzati, una sigaretta in mano e l'accendino nell'altra e dirci:

  • Scusa, me l'accendi?

Un caldo che si muore

Che il tipo poi, il fumatore a combustione solare che diceva Cerini, è morto, un paio di mesi fa.

  • Morto come?

Ho fatto io, ridestandomi dal mio revival mentale e scaraventando in un misto di rabbia e rassegnazione l'oggetto della discordia dritto dritto nel posacenere del tavolo accanto.

  • Morto di caldo.

Ci vuol pazienza, con Cerini.

  • Che vuol dire morto di caldo?
  • Hai presente quando c'hai caldo?
  • Ecco. Lui ne ha avuto troppo ed è morto.

Una morale

Io ormai son diciassette anni, sei mesi e un giorno, che c'ho rinunciato, aver delle conversazioni sensate con Cerini: da quella volta che, guardandomi la sigaretta tra le labbra mi disse: «Mi fai fare un tiro?». E io porgendogliela: «Certo». Ecco, da quel giorno lì che lui mi prese la sigaretta appena iniziata dalla mano e me la tirò fuori dalla finestra, io da quel giorno lì c'ho rinunciato, cavar qualcosa di normale da un discorso con Cerini. Così sconsolato, l'ho buttata là:

  • C'è una morale?

E lui, finendo il Fernèt in un colpo solo:

  • Forse.

Ci vuol tanta pazienza, con Cerini.

  • Tipo?
  • Tipo che nella vita, saper aspettare è già qualcosa.

In quell'istante, qualcuno ha messo il nuovo record al flipper, e una cascata di suoni sintetici e festeggiamenti a 8 bit ci è piovuta addosso per un paio di secondi.

  • Ma saper indovinare quando è il momento di smettere, a volte ti salva la pelle.

San Giacomo! Ecco chi c'era dopo San Giacinto. Me l'ha ricordato all'improvviso il Beceri, che l'aveva appena nominato invano dal tavolo del tressètte.

  • Smettere di far cosa? Di fumare?

Ho chiesto — giusto per non perdere il filo di un discorso che se aveva un filo era davvero, ma davvero sottile — io, giovane invecchiato da un'infanzia torturata da troppi spot anti-nicotina.

No, di aspettare.

Così ha detto, Cerini. Poi si è alzato, mi ma lasciato sul palmo della mano una scatola di Marsiglia dell'83 ed è andato verso la sala biliardi.

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