Solitudine

Solitudine

Quando si dice morire di solitudine: la triste vicenda di Gianmario, pace all'anima sua ma anche mannaggia alli mortacci, sempre sua. Così come non ve la racconterà mai nemmeno Barbara D'Urso.

15 Luglio 2015

Morire di solitudine si può. Non è un modo di dire per poeti decadenti o soap opera sudamericane. Per dire, Ieri Gianmario è morto di solitudine.

Almeno cinquanta gocce di solitudine, tutte insieme — ha detto la scientifica. L'han trovato riverso sul suo letto di solitudine (che a quel punto — tecnicamente, per completezza di informazione bisogna dirlo — coincideva anche con il famoso letto di morte).

Sul comodino — abbandonato come solo una boccetta di solitudine vuota sa essere — il flaconcino legalmente acquistato in farmacia il giorno prima. Che la solitudine — maledette lobby della depressione globale — è un farmaco da banco che ora lo vendono anche alla Coop, vicino ai dentifrici, accanto ai preservativi.

Il coroner ha detto che sarebbe bastato che qualcuno — chiunque — fosse arrivato un attimo prima, per salvarlo, il povero Gianmario. Non ci sarebbe stato da fare niente di particolare: solo arrivare prima e dire qualcosa, qualunque cosa, tipo «Ciao!». Ha detto che — a voler essere precisi — Gianmario si era suicidato di solitudine.

Perché anche suicidarsi di solitudine si può. Per riuscirci senza troppi tentennamenti, il trucco è semplice: basta sentirsi ancora più soli di quelli che muoiono, di solitudine.

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