ADSL blues

ADSL blues

Una storia di musica nera a profonda provincia, dove la fibra arriva a fatica ma i tecnici che dovrebbero installartela sono appassionati di musica, quella buona.

17 Ottobre 2006

Forse messa così è un po' stiracchiata. Chiamatela magra consolazione. Ma di sicuro ottenere una qualunque linea telefonica nel grande capoluogo è più complicato che in provincia: almeno là, sotto casa vostra, Fastweb non arriva.

Ecco dunque che entra in scena l'ennesimo personaggio non richiesto: il tecnico Telecom Occhialini circolari, baffetti arricciati: un perfetto incrocio tra Roberto Gervaso e un Hercule Poirot di Agatha Christiana memoria.

Bartista

Io mi rivelo gentilissimo, come raramente riesco a essere. D'altra parte, riuscire a connettermi all'internet è quanto di più simile a una questione di vita o di morte, si sa:

  • Buongiorno, prego... entri.

Lui si rivela ostile, oltre ogni più ragionevole dubbio:

  • Dunque ha optato per Fastweb? Bè, sappia comunque che anche loro, senza di noi, non sono niente: gli impulsi devono in ogni caso viaggiare sui nostri cavi.

Ed è subito noi vs. loro, ovvero il monopolio telefonico negli occhi della classe operaia. Io penso che comunque mi pare evidente, altrimenti che ci farebbe, lui, qui? Però dico, sorvolando sulla contraddizione in termini:

  • Le posso offrire qualcosa? Un caffè, una birra...

Lui alza gli occhi al cielo e si liscia i baffetti, prendendo per un istante in esame l'elenco dei suoi desideri. Poi si allarga:

  • Un Montengro?

È il sapore vero della faccia come il culo e, mentre penso «Secondo lei siamo al bar?», dico invece, con la faccia del barista complice:

  • Le faccio un caffè.

Preparo una moka da tre (gli altri due li berrò quando se ne sarà andato, per calmarmi un po' dal nervoso che già sta inesorabilmente salendo). Lui, nel frattempo, inizia a smontare qualunque cosa nella casa sia provvista di almeno una vite, dandomi così occasione di ringraziare pubblicamente l'IKEA e la gran parte dei suoi prodotti, che si montano a incastro.

Epiphany

Lo guardo, rapito dalla sua straordinaria incapacità di gestire il fatto che un paio cavi più un cacciavite ammontano a tre oggetti, mentre le sue mani sono solo due. Finché, all'improvviso, non si volta e rimane come di sasso, a bocca aperta. Seguo il suo sguardo e vedo che si è infilato dietro la porta socchiusa della stanza accanto. Lui, come se di là avesse visto Monica Bellucci nuda:

  • Ah, ma tu suoni?

Inizio a realizzare: ha visto una semplice chitarra, nuda, di là. Così penso: «È forse incompatibile con l'avere un telefono in casa?», ma dico invece, modestissimo come mio solito:

  • Bè, sì... diciamo di sì.

Non c'è più ostilità nelle sue parole, ora. Solo immensa, ingiustificata, ammirazione:

  • Eh, sai... Io sono un grande appassionato di musica: la adoro!

Io inizio a impaurirmi, ma lui continua estasiato:

  • Ah, la musica! L'essenza dell'anima...

Io realizzo di avere di fronte il Dante Gabriel Rossetti dei doppini telefonici. Terrorizzato, non riesco a profferir verbo. Allora lui si sente in dovere di precisare:

  • Però, chiaro: solo la musica quella buona.

A questo punto, la mia parte intollerante vorrebbe inesorabilmente polemizzare su che senso abbia parlare di musica buona quando — se escludiamo Gigi d'Alessio, Fabri Fibra, Laura Pausini, Paola & Chiara e moltissimi altri — lo scopo della musica è quello di suscitare emozioni e quindi è buona qualunque musica riesca a farlo (ovviamente escludendo Gigi d'Alessio, Fabri Fibra, Laura Pausini, Paola & Chiara e tutti gli altri). Ma finiremmo in discorso più grande di entrambi, quindi mi limito a:

  • S'intende: quella buona.

Lui dà un'occhiata ai miei dati sul foglio che gli hanno consegnato e incamera informazioni che preferirei non sapesse:

  • Ma ti sei appena trasferito qui! Di dove sei?

Rispondo. Intanto il caffè, o amaro Montenegro che dir si voglia, si raffredda. Lui (l'avessi mai detto):

  • Ah, ma allora se sei nato in provincia, in quella provincia, devi necessariamente saper suonare il blues. Io adoro il blues! Per favore, suonami un po' di blues, che tanto qui, con questi cavi, c'è ancora un po' da lavorare…

Vai a spiegarglielo

Ora, vai a spiegarglielo, te, che se sei nato in una certa provincia e a un certo punto della tua vita hai preso in mano una chitarra è chiaro che sai suonare blues: altrimenti, in quella certa provincia, non saresti sopravvissuto fino alla maggiore età.

Vai a spiegarglielo, te, che però, in una certa provincia, quelli che hanno messo le mani su una chitarra almeno una volta nella vita, si dividono in due fazioni ben distinte: coloro che suonano solo ed esclusivamente blues, che non suoneranno altro per tutta la vita e che hanno come suoneria del cellulare Devil Got My Woman in versione midi e quelli che invece sono in piena crisi di rigetto da blues, suonerebbero volentieri anche qualcos'altro e che non hanno suoneria al cellulare, ma solo la vibrazione.

Vai a spiegarglielo, te, che te sei il rappresentante sindacale di questi ultimi.

E invece, tocca fare come dice mia nonna:

Ai matti, digli sempre di sì.

E allora la scena finale è deplorevole: lui in posizione fetale vicino alla presa del telefono che cerca di trovare un sintomo di ADSL in un buco del muro, io accanto, seduto su una sedia, come al saggio delle medie, perso in una jam session in 12/8 con me stesso e me stesso che, come al solito, fatica a tenere il tempo.

Più blues (nel senso di triste) di così.

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